Ero a Manchester il 22 maggio 2017. Sembra incredibile ma tra tutti i posti possibili, quella sera ero proprio lì.
 
Tutto quello che si può dire dell'atto terribile che ha ucciso 23 persone quella notte è superfluo… 
 
Di solito sono molto veloce di penna, e quando intendo scrivere di qualcosa, in pochi minuti le idee appaiono nella mia mente e poi si posano sulle pagine, senza troppi ostacoli. Invece quando provo a parlare di terrorismo le parole mi si fermano in gola, non riesco ad esprimere un concetto, non riesco a dire nulla che non mi sembri retorico e inutile.
 
Credo che sia proprio questo quello che stanno cercando di fare, i terroristi dico, cercano di imprigionare le nostre menti, di spaventarle così tanto da impedire loro di esprimersi. 
 
Ma io ero lì, e questo, credo, sia necessario raccontarlo: essere a poche centinaia di metri da un’esplosione che uccide ragazzi e di conseguenza distrugge famiglie, non è davvero ciò che mi aspettavo da questo viaggio. Mi fa capire quanto siamo inermi di fronte a queste persone così piene di odio e vendetta; quanto siamo tutti vittime di questo attacco alla libertà e alla vita.
 
Sì, siamo indifesi, spaventati, addolorati … ma ancora non sconfitti.
 
Le persone di Manchester, proprio come il loro simbolo “The worker Bee” (L’ape operosa) si sono rimboccate le maniche e hanno lottato per la sopravvivenza; hanno dimostrato al mondo quanto una città, così ampiamente multiculturale, possa diventare una roccaforte di umanità, di rispetto reciproco e di apertura.
 
Sembrerà assurdo ma sono in un qualche modo felice di essere stata una di loro quella notte. Mi fa davvero dire con orgoglio:
 
#WeStandTogether